Capita sempre più spesso di leggere, scorrendo le notizie telematiche o sfogliando quel che resta di una stampa
ormai in costante affanno, di notizie dai titoli altisonanti, che però a volte annunciano veramente scoperte di massimo rilievo.
A metà di luglio è stata finalmente data alle stampe la notizia del più antico neonato sepolto con onori ritrovato in una grotta non distante da Erli, nel savonese, risalente al Paleolitico superiore e ritrovato circa un anno fa.
È della fine di luglio la notizia del formaggio più antico ritrovato in Egitto, un vero pezzo di formaggio conservatosi per circa 3200 anni chiuso in un’anfora di una tomba nel del deserto attorno a Saqqara.
Non si è ancora metabolizzata questa notizia eccezionale, che subito un’altra arriva, pochi giorni fa, a battere il record del formaggio più antico, che risale a questo punto a 7200 anni fa: le sue tracce sono state trovate in un vasetto dalla strana forma lungo la costa della Croazia.
Nel frattempo, poteva mancare il pane? Certo che no: infatti è stato trovato, in briciole e carbonizzato, tra i resti di un focolare a Shubayqa, in Giordania, al confine con la Siria, abbandonato ormai 14 mila anni orsono, mettendo in crisi la cronologia della nascita dell’agricoltura (cereali probabilmente coltivati ma ancora selvatici).
Dopo il vino più vecchio (in un’anfora dalla Georgia, 8000 anni fa) e la farina più antica (di Typha latifolia, su una macina dal sito del Bilancino, nord di Firenze, 30 mila anni fa), solo per citare le più recenti “eccezionali”, il susseguirsi di notizie relative di antichi alimenti ritrovati suggerisce alcune riflessioni.
1. l’interesse verso il cibo è ormai diventato fulcro attorno cui ruota l’interesse dell’umanità indistinta. Ma questo lo avevamo già capito da un po’.
2. I metodi di studio e le analisi cui i resti archeologici possono essere sottoposti sono ormai arrivati ad un livello che possiamo comparare solo con gli strumenti della polizia scientifica. Ma d’altra parte, non è forse questo il lavoro dell’archeologo? Indagare il passato con metodi scientifici.
3. La collaborazione tra studiosi di diverse discipline e di diverse provenienze geografiche paga (i team degli studi e delle scoperte sono sempre internazionali). Di più: io ne farei un dogma. La collaborazione tra realtà diverse è indice di vitalità e produce risultati che vanno oltre le aspettative.
4. Dal momento che le scoperte ritenute eccezionali riguardano in questo caso l’archeologia, è plausibile pensare che o questa ha finalmente acquisito la dinamicità necessaria per farsi ascoltare da tutto il pubblico (che, mediamente, o avrebbe voluto fare l’archeologo o si dichiara grande appassionato di storia e cose antiche), oppure che il mondo dell’informazione ha iniziato a interessarsi con una certa sistematicità alle questioni archeologiche.
Sia in un caso che nell’altro, quello che sta accadendo è un fatto salutare, perché le scoperte eccezionali sono sempre accadute, ma le carenze di interesse reciproco in un settore e nell’altro (archeologia e informazione) hanno spesso impedito alle persone di alimentare il loro immaginario sul passato, con conseguente atrofizzazione della propria sensibilità culturale.
E’ un bene che le notizie “eccezionali” dell’archeologia coniugata con la scienza emergano. E’ un rischio che succeda, per i ritrovamenti e per i siti stessi, almeno fino a quando il pubblico non avrà risvegliato del tutto la propria sopita sensibilità, al punto da saper rispettare le delicatissime vestigia, anche quelle che devono rimanere sul posto di ritrovamento.
Ma, insomma, come spesso di dice, un passo per volta.
Anna Maria Rizzi
Per approfondire le tematiche qui trattate puoi richiedere i nostri progetti e laboratori didattici:
sul mestiere degli archeologi: “Non chiamatemi Indiana”
sul pane e l’agricoltura preistorica: “Dall’oriente i semi” e “Pane vecchio, anzi, preistorico!”
sull’alimentazione preistorica e antica: “A tavola con…”