Mi è già capitato in passato di circumnavigare impianti per rifiuti esistenti, la discarica chiusa di Vizzolo Predabissi, ad esempio, o quella di Cavenago, ma mai mi era capitato di aggirare un impianto che non esiste ancora. La battaglia contro l’inceneritore per rifiuti Itelyum di Castiraga Vidardo (un impianto capace di trattare 154000 tonnellate di rifiuti all’anno, con 342 tipologie di rifiuti industriali, compresi i rifiuti pericolosi) è iniziata circa due anni fa,

se ne è parlato tanto sulla stampa locale, si sono fatte assemblee e manifestazioni e la questione resta aperta. Così mi è venuta la curiosità di andare a visitare i luoghi dove questo grande impianto, ci auguriamo, non sorgerà mai.
Con l’aiuto di un’esperta locale del WWF mi reco sul posto, siamo ai margini del paese, in una delle ultime zone residenziali realizzate, proprio sotto il vecchio stabilimento della cartiera. Iniziamo il nostro tour da via Craxi. Inoltrandoci in essa, dopo le file di villette e palazzine che resterebbero a poche centinaia di metri dall’impianto, ci si può affacciare verso gli stabilimenti della vecchia cartiera. Oltre le robinie e i pioppi cresciuti in un disordinato boschetto spontaneo, intravvediamo i tetti di capannoni, ora aperti e sorretti da colonne metalliche del vecchio stabilimento. La guida mi fa notare che il nuovo impianto svetterebbe sopra al capannone almeno venti metri più in alto. Stando ai rendering che sono stati appesi nella via principale del paese, vedremmo (ma per fortuna non vediamo) la parte più alta di un grande edificio bianco, a parallelepipedo. Se collocandoci a nord la vista sarebbe questa, quale sarà la vista dagli altri quattro punti cardinali?

Procediamo quindi fino ad addentrarci in una stradina campestre (forse per chi fa cross in bici o in moto) per raggiungere il lato est della costruzione in progetto. Mentre percorriamo il sentiero si possono notare tanti particolari che stridono con l’idea di collocare l’impianto proprio in quel luogo. Mentre sulla destra c’è un prato, sulla sinistra mi accorgo di essere su un terrazzo rialzato rispetto al resto del paese: proprio sotto
di me vedo un ragazzo con un cane che gioca a basket. Altri bambini corrono qua e là nell’area del paese deputata allo svago e allo sport, mentre più avanti, nel campo di calcio si sta disputando una partita con assembramento di tifosi. Insomma, di qua la vita di un normale sabato mattina di inizio primavera e dall’altro lato, a poche centinaia di metri, dovrebbe collocarsi lo scarico aereo dei residui di rifiuti industriali e pericolosi, inceneriti. Proseguiamo nell’area boschiva e ora l’impressione è di piena campagna.

Mentre alla mia sinistra si apre la Valle del Lambro, incontriamo un fagiano, un gruccione verde, vediamo il lavoro dei picchi e sentiamo, forse il canto di uno zigolo, alla destra costeggiamo il muro di cinta della vecchia area industriale che si può leggere, in verticale, a tre livelli. Il muro di cinta, il capannone industriale e la torre dell’acquedotto che svetta più alta. Siamo alla vista lato est. Ci domandiamo se la nuova costruzione sarà più alta anche dell’acquedotto. Dal muro di cinta un murales ci fa uno sberleffo. È un mostriciattolo blu rotondo che mostra denti aguzzi e che sembra dirmi: “Torna indietro finché sei in tempo!” Non ascoltiamo naturalmente e andiamo più in là, ma i rovi, le sterpaglie e quello che ha l’aria di uno scarico che ci taglia la strada, impediscono di proseguire. Niente da fare, impossibile procedere per raggiungere il lato sud. Ritorniamo sui nostri passi e penso che lì sotto, a non molta distanza scorre il nostro fiume, il Lambro. Mi perdo nell’immaginazione e mi domando cosa vedrebbero del nuovo impianto degli improbabili navigatori. Forse una fortezza dei nostri tempi, il cui castellano abita lontano, oltremanica, mi dicono. Oppure si domanderebbero perché un transatlantico bianco lucente sia attraccato a Castiraga Vidardo. Tale è l’impressione che fa questo colosso fuori contesto. Mi ricorda una nave da crociera vista entrare a Venezia a poche decine di metri da piazza San Marco.

Ritorniamo sui nostri passi e aggiriamo nuovamente tutta l’area in senso antiorario. Questa volta dobbiamo uscire dal paese e addentrarci nell’area industriale. Una volta passata la maggior parte dei capannoni incontriamo il magazzino di angurie e, poco più in là, stoccaggi di plastiche e altri rifiuti. Raggiungiamo finalmente il campo dove sorgerà il nuovo impianto. Questa volta dal lato ovest. Un campo di circa 150 pioppi industriali perfettamente allineati in 30 file, che dovrebbe ospitare questa struttura di 200 metri di lunghezza per 54 di altezza.
Scende una sbarra sulla strada bianca. L’area è off limits, divieto di ingresso in area privata. Alla sua destra, oltre al filare di pioppi cipressini, campi coltivati e alla sua sinistra di nuovo il vecchio impianto di cartiera e l’inceneritore ventennale da 35 000 tonnellate, che a confronto sembrerà una vecchia barchetta a vapore. Fatico ad immaginare la nuova costruzione. Preferisco, da ingenuo ecologista domandarmi perché quell’area di archeologia industriale, non sia sta recuperata per la popolazione, magari creando un bellissimo cannocchiale paesaggistico, ma anche un corridoio ecologico che dalla campagna avrebbe raggiunto il Lambro. Ma forse sono solo un sognatore e il futuro sarà un transatlantico bianco, arenato in pianura, carico di rifiuti industriali e pericolosi.
Cristoforo Vecchietti
Vuoi approfondire questo argomento? Scopri le nostre attività di educazione ambientale e paesaggio